Una delle cose che più mi piace fare quando ho un minuto libero è lanciare una ricerca web su luoghi dove si mangia, individuarne qualcuno che mi colpisce e approfondire la ricerca sui proprietari, su ciò che si combina lì dentro, studiando i piatti e leggendo cosa ne pensa la gente che lo frequenta. In una di queste ricerche, qualche giorno fa, mi sono imbattuto nell’Agrumotto, giusto dietro l’angolo del posto dove abito. Non me n’ero mai accorto prima, nonostante conosca quasi ogni centimetro dei dintorni. La presentazione dei piatti e i selfie dei clienti insieme al proprietario non potevano non rivelare una profonda soddisfazione nell’esserci stati ospiti. E così che ho conosciuto Claudio e sua moglie Liliya, due tipi che la sanno lunga in fatto di cucina, cultura del cibo, materie prime, momenti di chiacchiera nel bel mezzo dell’attività febbrile del servizio, capacità di mettere il cliente in condizioni di ricordare, e consigliare ad altri, di aver passato dei momenti piacevoli. Sì, perché da appassionato dei fornelli quale sono, non potevo non chiedere dettagli sulle preparazioni, tempi di cottura, consigli nell’accostamento di ingredienti e di elementi di sostegno al piatto. Perché Claudio è uno chef internazionale, con alcuni decenni di esperienza alle spalle, innamorato di quello che fa e con una chiara vision di cosa il cibo abbia voglia di riservarci in futuro, che non ha paura di farti sapere come ha pensato e costruito un piatto, visto che per domani ne sta già inventando un altro che tu oggi non puoi immaginare. E così, sul tavolo appare il Crofficino, che fa implodere la croccante panatura nel cuore fluido della crema di melanzane, seguito da un saporito gateau di patate che azzarda un piccante sentore di gorgonzola ma poi si tuffa nella dolcezza della fusione del pecorino e lascia il posto ad un gamberone argentino, tostato in una fetta di pancetta che ne suda la forma e trattiene gocce di una melanzana affumicata costretta a liquefarsi. Da purista dei piatti della mia Roma d’adozione, non pensavo che si potesse metter mano agli ingredienti delle tradizione, materializzandovi riccioli di un broccolo saltato e trovando un posto anche alla bufala. E invece, si può fare, si deve fare, perché il gusto ne trae un indubbio vantaggio. L’Agrumotto, il dessert principe della casa, oltre che delle parole ha bisogno dell’assaggio per essere capito fino in fondo. Si deve provare, e non una volta sola. Dovrebbe diventare un’abitudine. Ecco, questo è forse l’unico rammarico della serata: non essere riuscito, al primo tentativo, a dare un nome a tutti e 11 gli ingredienti che sono stati convinti a rimanere nel bicchiere: sono arrivato, per ora, solo a 7. E quindi, dovrò tornare. C’è passione in questo posto, passione per quello che si fa, passione per il cliente, passione per la sperimentazione, passione per come si vorranno rivedere e ottimizzare gli spazi del locale. E non ultimo, nell’aria è sospesa una bolla di dolcezza, che avvolge le persone che vi lavorano, fatta di sguardi, di intese, di frasi sussurrate, di rassicurazioni, di carezze fugaci. Stanno bene tra loro e fanno stare bene chi va a trovarli.
Chef a domicilio.
Buonissimo!!!
Domenica 10 Giugno ho visto all’opera un vero professionista della cucina e il suo staff, non fatevi ingannare dalla sua disabilità. Lo Chef ci ha preparato come antipasto una rivisitazione della panzanella, poi a seguire Ravioli con ricotta e passion fruit con crema agli agrumi, come secondo polpo croccante con fonduta di finocchio e a concludere una sfoglia soffiata con diplomatica all’arancia e carpaccio di ciliege. FoodPorn Gourmet